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lunedì 26 marzo 2012

Internet 2020, odissea nelle app

Uno studio ha raccolto le opinioni degli esperti circa il futuro della Rete. E il verdetto è: sarà il trionfo delle webapp scritte con HTML5, e tutto un fiorire di cloud computing ubiquo

Un recente studio condotto dallo statunitense Pew Research Center Project ha raccolto le opinioni di oltre mille operatori e esperti di tecnologia, riprendendo il dibattito su un eventuale futuro in cui il browser sarà abbandonato come strumento principale di navigazione a favore delle app, già ampiamente impiegate nei dispositivi mobile.

A innescare il dibattito erano stati due articoli di Wired, uno del direttore Chris Anderson e l'altro dell'editorialista Michael Wolff: in essi si intesseva un discorso "non esclusivamente legato alla tecnologia e al business che prevarrà ma che riguarda differenti visioni del modo in cui le persone avranno accesso alle informazioni, all'apprendimento, all'intrattenimento e alla creazione di materiale in collaborazione con altri nell'era digitale".

Il tutto partiva dalle considerazioni circa l'evoluzione e la trasformazione del Web creata dalla diffusione dei dispositivi mobile (smartphone, ma anche tablet ed e-reader) e di macro-piattaforme sempre più onnicomprensive come Facebook.

Nel frattempo diversi dati e opinioni si sono inserite in questo filone di analisi: Tim Berners-Lee ha scritto su Scientific American che "il Web come lo conosciamo è ormai minacciato" e che "può finire per essere frammentato in diverse isole separate"; l'ultima statistica redatta da Pew Research Center's Internet & American Life Project sull'argomento mostra come due terzi degli adulti statunitensi si colleghino ormai attraverso dispositivi mobile; i dati raccolti da Cisco parlano di 10 miliardi di dispositivi mobile connessi ad Internet entro il 2016 (che, con una popolazione stimata di 7,3 miliardi di persone significherebbe 1,4 dispositivi a testa) e di un traffico cresciuto del 50 per cento: il Gruppo Gartner ha predetto, infine, entro il 2015 che "smartphone e tablet supereranno i PC con un rapporto di quattro ad uno".

Nel frattempo, poi, Apple ha raggiunto le 25 miliardi di app scaricate attraverso App Store e Google quota 10 miliardi attraverso Android Marketplace Google Play e secondo altri studi, poi, il tempo passato sulle app ha superato quello speso sul browser già a giugno 2011: dati che rappresentano chiaramente la sempre maggiore importanza delle applicazioni utilizzate su dispositivi mobile nella vita e nelle abitudini di consumo degli utenti.

Ora una nuova statistica condotta sempre da PEW ha ribadito le posizioni sostenute dagli editoriali Wired, chiedendo agli intervistati, una popolazione volontaria ma selezionata di operatori e osservatori tecnologici, di pensare alla prospettiva del 2020 e schierarsi pro o contro le previsioni relative all'evoluzione di Internet nel senso di uno spazio gestito via app specifiche.

A sostegno di un'abbandono di una Rete così come la conosciamo, a favore di una visione di Internet parcellizzato in diverse sessioni specifiche gestite via app, si è schierato il 59 per cento degli intervistati, mentre il 35 si è detto contrario.

In realtà, a parte questo schieramento dettato da una domanda che imponeva una risposta secca, i poco più di mille intervistati hanno espresso una serie di considerazioni più dettagliate a partire dalla tesi di Anderson e Wolff: in buona parte si tratta di una posizione più grigia, in cui al Web si sovrapporranno le evoluzioni generate dalla diffusione delle app, senza però sostituirvisi.

Robert Cannon, consigliere per la normativa legata ad Internet della Federal Communications Commission, sottolinea in particolare come "la progettazione di base aperta e scalabile la rendono sempre una soluzione convincente". Jeff Jarvis, blogger e professore all'Università di New York, dice invece che: "Il browser, o un suo epigono, continuerà ad avere vantaggi rispetto alle app. È collegato alla Rete intera ed offre piena interoperabilità, lasciando all'utente più potere rispetto a sviluppatori o editori".

D'altra parte, chi si schiera dalla parte della visione che vede la prossima vittoria delle app punta sulla facilità di utilizzo e sulla spinta proprio degli imprenditori e degli editori. Proprio da questi ultimi in particolare, d'altronde, sembra arrivare la spinta fondamentale verso le app: un mezzo visto fin dal principio come opportunità per riprendere il controllo dei contenuti e magari invertire la tendenza al gratuito con la possibilità di introdurre modelli di business alternativi a quelli basati sull'advertising.

A questo considerazioni occorre poi aggiungere che a giocare un ruolo fondamentale per i browser potrebbe essere il protocollo HTML5, che garantisce nuove "libertà" e nuove forme ai contenuti distribuiti con esso (come sottolinea, per esempio, Hal Varian, chief economist di Google) e che al contempo consente alle app di allargarsi su Web. Rob Scott, chief technology officer di Nokia, arriva a dire che "quando i browser con funzionalità HTML5 saranno completi e pienamente accessibili da tutti i PC e dal più comune Kindle fino a iPhone, allora le Webapp sostituiranno le app native".

Un altro fattore da calcolare è poi costituito dal cloud computing: secondo Jeffrey Alexander, senior technology analyst di SRI International, "l'infrastruttura cloud significa che le app avranno una capacità di elaborazione paragonabile a quella delle applicazioni Web tradizionali, e in molti casi anche superiore alla nostra concezione odierna del Web".

Claudio Tamburrino - PI